Lo sbarco alleato in Sicilia nel 1943. Il coinvolgimento della Regia Guardia di Finanza nelle operazioni belliche e difensive

Il giorno 11 giugno di settantasette anni fa dopo un mese di incessanti e violenti bombardamenti aerei alleati, gli inglesi occupavano l’isola vulcanica di Pantelleria. L’azione rientrava nella nota “Operazione Corkscrew”, ossia quell’insieme di interventi preliminari, al fine di neutralizzare i presidii posti sulle isole mediterranee situate a sud, al largo della Sicilia.

 

In realtà, dopo la resa di Pantelleria, capitolarono anche Lampedusa, Linosa e Lampione, rispettivamente nei giorni dodici, tredici e quattordici dello stesso mese. L’isola di Pantelleria, posta al centro del Canale di Sicilia, ospitava allora un rilevante aeroporto situato a 180 metri sul livello del mare con un’aviorimessa sotterranea in cemento armato.

Incursione del 6 giugno su Pantelleria (Foto USAF), foto tratta dal libro di Alessandro Bellomo: “1943 Il martirio di un’isola” . per gentile concessione dell’autore

 

Gli inglesi, consapevoli della posizione strategica di Pantelleria, avevano pensato di occuparla sin dall’ottobre del 1940, con un’azione dal nome in codice “Operazione Workshop”, piano poi annullato per un’altra missione che riguardava lo sbarco in terra di Sicilia, la cosiddetta “Operazione Influx”.

L’idea di invadere l’isola più grande del Mediterraneo nacque nel dicembre del 1940, ed era stata avvalorata e sostenuta da ulteriori informazioni oggettive, giunte all’Intelligence britannica. Infatti, si dava per garantito che l’operazione sarebbe riuscita per la scarsa volontà di resistenza dei soldati italiani. Però, anche questa pianificazione per invadere il suolo italico venne cancellata, poiché alla fine di dicembre dello stesso anno, confluirono negli aeroporti siciliani ingenti forze tedesche della Luftwaffe: la X Fliegerkorps, una particolare formazione bene addestrata nelle missioni di contrasto delle operazioni navali nemiche. Con tutto ciò, un’altra motivazione di revoca dell’Operazione Influx fu la decisione dei vertici inglesi di trasferire l’armata del Generale Archibald Wavell (1883 – 1950), sul fronte greco.

Esercitazione per i componenti della Milizia Controaerei, foto tratta dal libro di Alessandro Bellomo: “1943 Il martirio di un’isola” . per gentile concessione dell’autore

 

E’ da evidenziare che sia per le operazioni Workshop e Influx, prevalse negli inglesi la convinzione del decadimento morale dei soldati italiani che, tuttavia, non trovò un pieno riscontro nella fase di invasione. Infatti, l’Operazione Husky durò ben 38 giorni, un tempo certamente non previsto dai vertici militari alleati, i quali erano certi di una capitolazione dell’isola nel giro di una settimana o poco più. In realtà, in alcune aree dell’isola si riscontrò una dura e accanita resistenza dei soldati italiani. Un esempio fra tutti: la battaglia per la conquista del Ponte Primosole.

L’Operazione Corkscrew, quindi, mirava anche alla conquista dell’arcipelago delle Pelagie. Di certo, il controllo delle isole da parte degli alleati avrebbe costituito una testa di ponte per la presa della Sicilia, ovvero la poderosa “Operazione Husky” che poi ebbe luogo qualche mese dopo, nella notte tra il 9 e il 10 luglio del 1943 lungo le coste sud-orientali della Sicilia, tra Pachino e Siracusa.

L’invasione della Sicilia fu il preludio per la conquista della penisola italiana, definita dal Primo ministro del Regno Unito, Winston Churchill (1874 -1965): “Il ventre molle” dell’Asse.

Ciò nonostante a difendere l’isola dalle armate anglo-americane (l’8a inglese e la 7a statunitense), ci furono sei divisioni costiere, quattro divisioni di fanteria italiane e due divisioni tedesche di cui una corazzata.

Una mitragliera contraerea Scotti da 20 mm, foto tratta dal libro di Alessandro Bellomo: “1943 Il martirio di un’isola” . per gentile concessione dell’autore

 

Tra le divisioni costiere da annoverare anche le Brigate della Regia Guardia di Finanza, che si batterono con valore a fianco dei soldati dei reparti costieri. Pertanto, tra le brigate litoranee delle Fiamme Gialle sono da ricordare in particolar modo gli uomini della Brigata Portulisse e Marzamemi, con il Brigadiere Lorenzo Greco, Medaglia d’Argento alla memoria e il Maresciallo Capo Giuseppe Magnani, Medaglia d’argento al valor militare.

E sempre per la R.G.di F. (ramo mare) da segnalare gli uomini della motovedetta “Marras”, di 61 tonnellate, ormeggiata nel porto di Augusta che contravvenne agli ordini di autoaffondarsi impartitagli dal comando di marina. Infatti, l’unità navale raggiunse il porto di Messina effettuando ventidue missioni di scorta, prima di essere affondata all’alba del 10 agosto 1943 (mentre si trovava all’ancoraggio di Sant’Agata di Militello), durante l’incursione del 450th  Squadron RAAF.

Curtiss P-40 Kittyhawk Mk III

 

Il raid della Royal Australian Air Force, avvenne alle 10,44 (GMT) con otto aerei (Curtiss P-40 Kittyhawk Mk III), armati ognuno con una singola bomba da 500 libbre (226,8 Kg.) e scortati da Spitfire, velivoli tutti provenienti dall’aeroporto di Agnone, vicino Catania. I cacciabombardieri australiani sganciarono le bombe su quattro imbarcazioni che appunto, centrarono e affondarono la vedetta “Marras”.

Curtiss P-40 Kittyhawk Mk III

 

Abbiamo chiesto al Ricercatore Storico Militare Michele Nigro (1) di parlarci oltre dell’Operazione Husky, il più imponente e complesso sbarco aeronavale della Seconda Guerra Mondiale, anche del ruolo svolto dalla Regia Guardia di Finanza in quel periodo e dei suoi valorosi militari caduti nell’adempimento del loro dovere. E inoltre per finire, abbiamo domandato sempre a Nigro di riferirci quanto successe a Palermo in quei confusi, tragici e indelebili eventi di quel lontano 1943.

 

I fatti, l’operato della Regia Guardia di Finanza e l’elenco dei  finanzieri siciliani caduti in difesa dell’Isola, da gennaio ad agosto dell’anno 1943

«L’anno 1943 è stato per la popolazione della Sicilia uno dei periodi più infausti da ricordare. Lo scoppio della II guerra mondiale portò via alle famiglie figli e mariti inviandoli sui vari fronti di combattimento. Si ripeteva nuovamente il triste esodo già visto in occasione della “Grande Guerra”.

Per chi era rimasto, particolarmente nelle città, iniziava la lotta per sopravvivere alla quotidianità.

La mancanza di lavoro e i pochi soldi disponibili rendevano tutto più difficile, a ciò si aggiungevano la carenza di medicine e dei generi di prima necessità e le interminabili code per acquistare i beni razionati.

La guerra all’inizio sembrava lontana, quasi non riguardasse la gente dell’Isola, ogni tanto arrivava la notizia di qualcuno morto o ferito al fronte ma, alla fine, tutto continuava.

L’ansia cominciò a crescere agli inizi del ’43, quando i primi aerei anglo-americani iniziarono a sorvolare l’isola lasciando cadere tonnellate di bombe, in un crescendo esponenziale.

I primi a essere colpiti furono i centri strategici e gli abitati più importanti, poi “a tappeto” tutto quanto era possibile danneggiare o distruggere.

Il suono della sirena dell’allarme aereo era diventato un incubo cui era impossibile sottrarsi. A ciò si aggiungeva la consapevolezza dell’illusoria sicurezza offerta dal ricovero nei rifugi antiaerei. 

Ripresa aerea del porto di Palermo Archivi U.S. Air Force

 

Tutto, comunque, si muoveva verso una fatidica data, “la notte tra il 9 ed 10 luglio”, l’inizio dell’operazione “HUSKY”.

Lo sbarco degli Alleati cominciò alle ore 02,15 nelle aree dei Golfi di Gela (CL) e di Noto (SR).

La VII Armata Americana guidata dal Generale Patton e l’VIII Armata Britannica guidata dal Generale Montgomery presero terra in Sicilia e cominciarono l’avanzata verso Messina.

Mentre i timori di un’invasione, “prevista”, degli Alti Comandi Italiani si avveravano, le speranze degli Alleati di una guerra lampo in Sicilia andarono ben presto deluse: complice anche la rivalità fra Montgomery e Patton.

Il miraggio di una campagna di breve durata, che la supremazia di uomini e mezzi Anglo-Americani faceva ben prevedere, si trasformò in un’odissea di sfavorevoli avvenimenti.

Occorsero trentotto giorni prima che gli Alleati, il 17 agosto 1943, potessero entrare a Messina sancendo, di fatto, la conclusione dello sbarco in Sicilia. In città erano rimasti, oltre ai civili, solo pochi militari. Il grosso delle truppe dell’Asse riuscì, con grandi sforzi organizzativi e umani, a sgomberare l’Isola evacuando più di 40.000 uomini, 10.000 veicoli, compresi 44 carri armati e centinaia di tonnellate di munizioni.

Il valore e la tenacia di quei soldati, in mezzo alle incertezze degli intrighi diplomatici che avrebbero portato all’armistizio dell’8 settembre, seppero imbrigliare l’avanzata di quello che era destinato a divenire l’esercito più potente del mondo.

Una postazione di MG 42 in Sicilia, 1943, foto tratta dal libro di Alessandro Bellomo: “1943 Il martirio di un’isola” . per gentile concessione dell’autore

 

Questa, in sintesi, la storia dell’occupazione della Sicilia.

Cercheremo ora, per quanto desunto dall’esiguo materiale reperito, di tratteggiare il ruolo svolto dalla Guardia di Finanza in quel periodo, ricordando doverosamente quanti, Finanzieri siciliani, perirono nel corso delle operazioni belliche condotte dagli Alleati in Sicilia.

All’inizio del conflitto i reparti costieri della 12ª e 13ª Legione di Messina e Palermo furono dichiarati mobilitati e passarono alle dipendenze dei Comandi di Settore dell’Esercito e dai Comandi Difesa Porto di Palermo e Catania.

I rimanenti comandi, a partire da quelli di Legione, Compagnie, Tenenze e Sezioni nonché le Brigate Volanti e i Nuclei di Polizia Tributaria Investigativa continuarono la loro attività a tutela degli interessi erariali. I Nuclei di Polizia Tributaria, data la particolare attività svolta, furono chiamati a cooperare all’azione di controspionaggio e ai controlli delle navi in arrivo e partenza ai fini di polizia militare.

Il 4 giugno 1943 l’Autorità Militare assunse pieni poteri sulle province siciliane e i finanzieri non ancora mobilitati passarono a disposizione della citata Autorità per l’impiego laddove ritenuto necessario.

La maggior parte del personale, come già detto, continuò a vigilare le coste dell’Isola presidiando le fortificazioni esistenti e le postazioni di difesa, avvalendosi anche del supporto di soldati posti alle dirette dipendenze dei comandi di Brigata e di Distaccamento. Il personale che costituiva le unità era composto, prevalentemente, da richiamati anziani, in gran parte originari dell’Isola.

Postazione antiaerea della Milizia con pezzo da 7546 sul Monte Pellegrino (PA), foto tratta dal libro di Alessandro Bellomo: “1943 Il martirio di un’isola” . per gentile concessione dell’autore

 

Un’altra consistente aliquota di finanzieri fu impiegata nella difesa dei porti o partecipò alla vigilanza antiparacadutisti e al presidio delle opere stradali o ferroviarie.

Al ramo mare della Regia Guardia di Finanza fu affidato l’incarico della sorveglianza foranea coadiuvando la Regia Marina nei compiti di dragaggio, vigilanza antisom e scorta, con una serie di unità navali il cui numero subì continue variazioni in virtù dello sviluppo degli eventi bellici.

Questo era il quadro generale dell’impiego dei militari della Guardia di Finanza in Sicilia al momento dello sbarco delle Forze Alleate. La vita quotidiana dei finanzieri procedeva tra notevoli difficoltà. La “razione viveri del soldato gratuita”, quando assegnata, era inconsistente e trovare i generi di prima necessità per il sostentamento delle proprie famiglie era un’ardua impresa.

Il servizio era svolto facendo la spola tra le caserme e le zone presidiate. I turni di servizio si prolungavano sempre di più a causa dell’intensificarsi dei bombardamenti, in particolare nei grandi  centri abitati, che richiedevano l’intervento di ogni uomo disponibile per domare gli incendi o per estrarre le persone rimaste sepolte sotto le macerie.

I primi finanzieri a venire in contatto con le truppe da sbarco inglesi della 231ª brigata “Malta” furono quelli aggregati alla 206ª Divisione Costiera italiana presso la spiaggia di Marzamemi (SR).

 La postazione era presidiata da un gruppo di finanzieri posti alle dipendenze del Maresciallo Giuseppe Magnani che difese fieramente la posizione fino all’esaurimento delle munizioni. Nello scontro persero la vita l’Appuntato Salvatore Scifo (di Palazzolo Acreide – SR) ed  il Finanziere Giovanni Fidone (di Scicli – RG). Combattimenti si svolsero anche a Punta Spinazza, dove rimasero feriti, più o meno gravemente, gli  otto finanzieri di presidio alla postazione. Molti altri nostri militari furono fatti prigionieri nel corso degli scontri occorsi nelle zone limitrofe allo sbarco.

I finanzieri della Brigata di Portulisse (RG) nell’immediatezza dello sbarco si trovarono sotto il tiro incrociato del nemico, da una parte i paracadutisti e dall’altra le forze da sbarco inglesi, e aprirono immediatamente il fuoco con le due mitragliatrici in dotazione. Nel corso dei combattimenti persero la vita il Brigadiere “Medaglia d’Argento al Valor Militare” Lorenzo Greco, il Finanziere “Medaglia di Bronzo al Valor Militare” Emanuele Giunta (di Modica – SR -) ed i Finanzieri di mare “Medaglia di Bronzo al Valor Militare” Raffaele Bianca (di Siracusa) e Pietro Nuvoletta (di Avola – SR – ).

Sulla direttrice dell’avanzata furono travolte le Brigate di Avola, Fontane Bianche, Lognina, Torremuzza, Massolivieri (dove perse la vita, l’Appuntato Giuseppe Ferro, nativo del posto), Maddalena e Priolo.

Nei giorni successivi gli scontri proseguirono violentissimi spostandosi verso l’interno dell’Isola.

Una formazione di B-25 Mitchell del 12th BG (Spiritus Omnia Vincet) in missione verso la Sicilia (Foto USAF), foto tratta dal libro di Alessandro Bellomo: “1943 Il martirio di un’isola” . per gentile concessione dell’autore

 

I finanzieri seguirono lo stesso destino dei soldati italiani: uccisi, catturati dal nemico e inviati nei campi di prigionia in Egitto e Algeria, in ritirata al seguito delle truppe italo/tedesche verso Messina e, dopo l’occupazione della città, spostandosi in Calabria.

Per quanto attiene le unità navali, la massima concentrazione di mezzi in Sicilia si ebbe nell’estate del 1942 con la presenza di 26 imbarcazioni.

Al momento dello sbarco Alleato sull’Isola erano presenti 16 unità del naviglio della Regia Guardia di Finanza. Esse andarono perdute o, per ordine del Comando Marina, si autoaffondarono. I Comandanti di alcune imbarcazioni, tra cui la motovedetta “Marras” di base ad Augusta, ignorarono l’ordine di autoaffondarsi e navigarono verso porti non ancora occupati dagli “Alleati”.

Unità classe Caron a cui apparteneva la vedetta Marras

 

Da qui continuarono le missioni di guerra fino a che le unità navali in dotazione non vennero affondate o gravemente danneggiate.

I componenti di molti reparti, anche dopo l’occupazione del territorio della propria circoscrizione, rimasero a presidiare le  caserme in attesa di ordini. Ciò in base alle norme di guerra, recepite anche dalla Convenzione dell’Aja, per cui  le forze di polizia e, quindi, anche gli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, dovevano rimanere a qualsiasi costo nelle sedi di sevizio continuando a disimpegnare i loro compiti nel concorso all’ordine ed alla sicurezza pubblica nell’interesse della popolazione civile, le cui esigenze di tutela dovevano ritenersi prevalenti rispetto all’indiretta collaborazione che così veniva offerta al nemico.

I Comandanti dei reparti presenti nei territori invasi cercarono, ove possibile, di avere un primo approccio con le autorità di vertice degli Alleati per instaurare un rapporto di collaborazione con i membri del governo provvisorio l’“A.M.G.O.T.” (Allied Military Government of Occupied Territories).

Il Comandante della 13ª Legione, Col. Raffaele Biondi, dopo l’occupazione della città di Palermo, si presentò al Tenente Colonnello U.S.A. Charles Poletti il quale gli assicurò che ai finanzieri non sarebbe stata chiesta la partecipazione diretta od indiretta ad operazioni militari, ma che gli stessi avrebbero assolto solo compiti d’istituto, come in tempo di pace. Nel corso del colloquio il Col. Biondi ottenne che i militari del Corpo catturati come prigionieri di guerra non fossero inviati nei campi di prigionia e quelli richiamati, trattenuti dalle forze Alleate, che per diversi motivi non potevano essere avviati alle loro famiglie, venissero anch’essi impiegati nei servizi istituzionali.

Il Porto di Palermo. All’ancora navi alleate. Coll. Alessandro Bellomo

 

Avutane la possibilità, l’Ufficiale del Corpo avviò, con vigoroso impegno, la riorganizzazione dei reparti con gli uomini disponibili, in modo da imporsi alla considerazione degli Alleati e delle neo costituite Autorità Italiane.

I Finanzieri e le altre forze di Polizia, unitamente agli Alleati, si preoccuparono di reperire generi alimentari e granaglie per la popolazione, sottraendole al mercato nero. In breve furono conseguiti apprezzabili risultati col reperimento di scorte per sei mesi.

I militari del Corpo provvidero, inoltre, a scortare i prodotti rinvenuti o approvvigionati a cura degli Alleati, alla vigilanza dei magazzini merci in cui gli stessi erano custoditi e al controllo delle coste, da cui partivano imbarcazioni dirette verso il continente con carichi “clandestini” di grano e medicinali rivenduti al mercato nero con prezzi decuplicati rispetto al valore d’acquisto.

Restava comunque il fatto, dal punto di vista militare, che la Sicilia era in quel momento divisa in due Zone d’influenza che poco dialogavano tra loro: una comprendeva le province di Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta ed Enna, posta sotto il controllo Americano,  e l’altra, che includeva le Province di Messina, Catania, Siracusa e Ragusa, affidata al controllo degli Inglesi.

La questione fu parzialmente risolta quando al Ten. Col. Poletti venne affidata l’Amministrazione dell’intera Sicilia e le Forze di Polizia furono poste sotto il controllo unico del Ten. Col. U.S.A. Snook.

Dopo l’armistizio, il 12 ottobre 1943 gli Alleati affidarono al Colonnello Biondi la responsabilità dei servizi della Guardia di Finanza di tutta la Sicilia.

In tale periodo, per supportare l’attività del predetto ufficiale del Corpo, fu richiamato in servizio il Colonnello Fiorentino Luigi che assunse il comando della Legione di Messina.

Il primo dicembre 1943, il Comando Superiore della Regia Guardia di Finanza con sede a Bari, retto dal Col. Acampora, ratificò la costituzione ed il funzionamento della citata struttura di comando in Sicilia.

Il Ten. Col. Snook, informato del provvedimento, autorizzò il Col. Biondi a trattare con il Comando Superiore di Bari tutte le pratiche relative ai reparti dipendenti purché non attinenti allo stretto servizio di polizia svolto. Ciò fino al febbraio del 1944, momento in cui l’amministrazione dell’Isola fu affidata al governo italiano.

Al di là dei significativi episodi bellici citati, furono molti i finanzieri, siciliani e non, che perirono nel corso dell’anno 1943.

Molti di loro li ricordiamo perché decorati con varie onorificenze o perché a essi è intestata una caserma, un’unità navale o una lapide, ma la maggior parte, eroi anche loro per aver sacrificato la vita per la Patria, rimangono tuttora relegati nell’oblio.

Uomini con aspirazioni, progetti e ideali, genitori o figli che non hanno avuto un futuro da vivere, è questo il motivo per cui non dobbiamo dimenticarli.  

Elenco dei finanzieri siciliani deceduti nell’Isola durante l’anno 1943

 

Perché ciò non accada vogliamo ricordare, in occasione del 77° anniversario dello sbarco, i Finanzieri Siciliani morti in quel particolare periodo per la  difesa della loro Sicilia. I nominativi, spero siano tutti, sono inseriti nell’elenco che segue (fonte: Archivio ed Emeroteca del Museo Storico della Guardia di Finanza)».

S.Ten. (r.cpl.) Guardia di Finanza, Michele Nigro.

 

Monumento ai caduti Caserma “Giuseppe Cangialosi”, Palermo

 

(1) Michele Nigro, Sottotenente in congedo della Guardia di Finanza, nel corso della carriera ha ricoperto incarichi vari a Trieste ed alla sede di Palermo. Riveste, in atto, la carica di Vicepresidente della Sezione A.N.F.I. (Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia) di Palermo. Ha pubblicato, sul sito interno della Guardia di Finanza e sulle riviste del Corpo, vari articoli sulla costituzione e sviluppo di alcuni reparti con sede a Palermo e sull’attività della Finanza in Sicilia in diversi periodi storici.

È stato curatore e organizzatore di diverse mostre inerenti la Guardia di Finanza, tra le quali: “Le operazioni di soccorso della Guardia di Finanza nella Valle del Belice, gennaio 1968”; “La caserma Cangialosi, 160 anni con la divisa e 64 in grigio verde”; “La Guardia di Finanza dall’Unità d’Italia alla Repubblica”; “Evoluzione storica della Caserma Cangialosi dai primi del ‘900 ad oggi” ed altre di diverso carattere, quali: “La Sicilia dei Russi”, “L’anima dei Corpi” e “Il filo della memoria, dalla Grande Guerra alla Resistenza”. Tra le pubblicazioni ricordiamo: “Sulle tracce dei russi in Sicilia. Cronache ed itinerari dei viaggiatori russi dal ‘700 al ‘900”, “La Sicilia dei Russi”, “La Resistenza e i Siciliani”.

Ha collaborato, quale consulente storico, con alcuni autori ed ha curato i testi dei volumi “La mia vita, le mie battaglie” e “Un segugio a caccia di Bionde – Storie di contrabbando e contrabbandieri”, di Leonardo Gentile. Dal Consolato Russo per la Sicilia e Calabria, ha ricevuto due diversi riconoscimenti; uno per il contributo fornito al consolidamento dei legami del Sud Italia e la Russia e l’altro per la consulenza storica fornita circa i rapporti e le relazioni intercorse nel tempo tra quel paese e la Sicilia.

Da parte dell’Associazione culturale “Suggestioni Mediterranee” ha ricevuto il premio “Siciliani di Pregio”.

Nel 2019 è stato nominato “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana” dall’attuale Presidente della Repubblica.

 

Bibliografia:

Michele Poveromo: I nostri Morti, Ed. Arti Grafiche Friulane – Udine – 1949;

Giuseppe Fioravanzo: Fiamme Gialle sul Mare, Aldo Garzanti Editore – Roma – 1955;

ASMGF: Diario storico della Legione di Messina – 1964;

Pierpaolo Meccariello: La Guardia di Finanza nella 2ª Guerra Mondiale – Museo Storico G. di F. – Roma – 1992;

Espedito Finizio in “Fiamme Gialle” n.1 del 2001;

Editalia: La Guardia di Finanza dalle origini ad oggi. 2003;

Pierpaolo Meccariello: Storia della Guardia di Finanza – Ediz. Le Monnier – 2003;

Ezio Costanzo: Sicilia 1943, Le Nove Muse Editrice – Catania – 2003;

Alberto Santoni: “Le operazioni in Sicilia e in Calabria (luglio-settembre 1943)” – Stato Maggiore dell’Esercito – 2004;

Pier Luigi Villari: “Husky” 10 luglio 1943. I militari italiani e la difesa della Sicilia IBN Editore – Roma – 2006;

Alessandro Bellomo: Bombe su Palermo, Associazione Italia – Genova – 2008;

Giuseppina Aleffi: Storia della brigata di Marzameni, Pachino – 2010;

Giuseppe Longo: Le postazioni militari costiere siciliane nel quadro delle operazioni belliche del Secondo Conflitto Mondiale” – MadonieLive – 2011;

Alessandro Bellomo: “1943 Il martirio di un’isola”,  Associazione Culturale Italia – Genova – 2011;

F. Carboni: Gela 1943, Mursia ed. Milano – 2011;

Gaetano Schilirò: Diario giornaliero della guerra aerea sulle isole di Lampedusa-Pantelleria (1940-1943) – Euravia – 2012;

Archivio Storico del Museo della Guardia di Finanza: miscellanea, fascicolo nr. 642;

ASMGF: miscellanea, fascicolo nr. 642;

Michele Nigro: Luglio 1943: l’occupazione della Sicilia “Operazione Husky”. “16 dicembre 1944 offensiva delle Ardenne”. Conferenza per il 75° anniversario dell’Operazione Herbstnebel, Circolo Culturale Stesicoro Termini Imerese, 17 Dicembre 2019;

Giuseppe Longo: “La storia dei treni armati della Regia Marina” – Cefalùnews – 2020.

 

Sitografia:

ww2aircraft.net

www.awm.gov.au

www.archives.gov

 

Foto di copertina: Finanzieri di una Brigata mobilitata in Sicilia.

Giuseppe Longo
giuseppelongoredazione@gmail.com
@longoredazione

 

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