100 cefaludesi: Emanuele Catarinicchia il vescovo profeta che voleva cambiare Cefalù

E’ l’11 novembre di quarant’anni fa quando a Cefalù è dato l’annuncio che il nuovo vescovo è Emanuele Catarinicchia. Il 1978 è l’anno dei tre Papi. Alcuni giorni prima, infatti, il 16 ottobre è eletto Giovanni Paolo II che succede a Giovanni Paolo I, ultimo papa Italiano, morto dopo appena 33 giorni dall’elezione.  Il 6 agosto di quel 1978, dopo quindici anni di pontificato, muore Paolo VI. In quello esso 1978 si registra il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro e l’elezione a presidente della Repubblica italiana di Sandro Pertini. In quello stesso anno in Argentina si disputano i mondiali di calcio, vinti dalla squadra di casa, che vedono l’Italia di Cabrini e Rossi classificarsi quarta. Quell’11 novembre 1978, quando si annuncia la nomina a vescovo di Catarinicchia, è un sabato e a Cefalù si attende il nuovo vescovo da otto mesi, da quando l’11 marzo è stato trasferito a Monreale il vescovo Salvatore Cassisa.

Catarinicchia è un vescovo giovanissimo. Ha appena cinquantadue anni. E’ l’arciprete di Corleone ed arriva in una Cefalù che da alcuni anni vive il boom turistico. Emanuele Catinicchia è nato a Partitico il 12 luglio 1926. Negli anni che lo hanno visto reggere la diocesi di Cefalù ha mostrato il volto di un vescovo forte, vitale, coraggioso, fermo e dolce. Per dirla con una parola: ha mostrato il viso di un vescovo profeta le cui azioni ancora oggi fanno sentire l’eco.

Fin dal suo arrivo a Cefalù, è il gennaio del 1979, Catarinicchia abbandona l’idea del vescovo chiuso in episcopio e apre le porte della sua casa a tutti. Fin dal suo arrivo annuncia che non vuole restare chiuso all’ombra del Duomo ma intende camminare fra la gente per ascoltarne gioie, speranze, dolori e paure. La forza per il suo ministero la prende all’interno di una cappella, che si trova in Episcopio, dove si ferma per diverse ore al giorno a pregare. La vitalità del suo insegnamento l’assume in una stanza del piano terra, al confine fra l’episcopio e piazza duomo, dove si riuniscono quotidianamente i giovani dell’azione cattolica della Cattedrale e lui si ferma a giocare ma anche a chiacchierare per ascoltare quanto accade a Cefalù. Il coraggio del suo ministero lo prende in quella stanza dove riceve tutti, e ascolta chiunque, sempre seduto su uno dei due divani giallastri che vi fa collocare. La fermezza della sua parola l’assume ogni giorno in quei trenta minuti che, fra le 8:30 e le 9:00, lo vedono telefonare ai suoi parroci per informarsi di ciò che accade in diocesi. La dolcezza del suo dialogo la costruisce giorno per giorno in quella stanza da pranzo del piano terra dell’episcopio, al confine con il giardino, dove è solito consumare i pasti. Il suo sedersi a tavola per mangiare si trasforma sempre in un momento nel quale ascoltare gli amici su ciò che di lui si dice in giro.

Nell’aprire le porte dell’episcopio a tutti, Catarinicchia annuncia il Vangelo dell’ospitalità e apre la diocesi al rinnovamento conciliare e al dialogo con la società. Il centro della diocesi diventa luogo di comunione. Alle parrocchie, il giovane vescovo, chiede il coraggio del dialogo, la fedeltà al Vangelo e la povertà nella testimonianza. Lui, vescovo povero, si presenta con semplicità offrendo a tutti la sua amicizia. Rifiuta la macchina lussuosa per andare in giro. Al baciamano della gente preferisce l’abbraccio fraterno. Al filtro della segreteria, nel contatto con le persone, sostituisce il suo rispondere direttamente al telefono ma anche l’aprire con le sue mani la porta di casa a chiunque vi bussa. All’abbondanza di cibo a tavola sostituisce la sobrietà del mangiare. Il latte e un po’ di frutta al mattino, un sobrio piatto di pasta a pranzo e della verdura a cena. Catarinicchia rifiuta quei segni che fanno pensare al vescovo potente e vive i suoi giorni tra l’ombra della cattedrale ruggeriana, i bellissimi paesaggi madoniti e la tanta gente che lo accoglie nei diversi paesi della Diocesi ogni volta che lui arriva per un incontro, una celebrazione, una inaugurazione, un convegno o anche una semplice visita. Da vescovo povero non accetta compromessi per il Vangelo, da pastore intento a guidare il suo popolo non si lascia distogliere dalla vita mondana, quale giovane presule dirige subito il suo sguardo verso la gioventù e da attento conoscitore della società posa i suoi occhi sugli operai, i senza lavoro e quanti soffrono. Il suo parlare è schietto e semplice anche quando deve intervenire per fermare la religiosità che si trasforma in paganesimo. E’ proprio in questo caso che il suo viso appare stanco e addolorato. Soffre, infatti, quando il popolo non cammina accanto al Vangelo e le sue guance sono attraversate dalle lacrime quando in alcuni paesi della sua diocesi alcuni parroci fanno fatica a far conoscere alla gente il desiderio di un vescovo di vedere il suo popolo lontano dal paganesimo della stanca religiosità. Catarinicchia è anche un vescovo che piange come quando il 28 novembre del 1985 apprende della morte di un suo giovane prete che lui stesso alcuni giorni prima aveva presentato alla comunità parrocchiale.

Nei 3.314 giorni che lo vedono vescovo di Cefalù, Catarinicchia percorre quasi un milione di chilometri a bordo di una 127 bianca prima e di una ritmo azzurra dopo. Conosce ogni angolo della sua diocesi. Ne visita tutti i paesi e per stare fra la sua gente si ferma anche alcuni giorni nelle diverse comunità parrocchiali chiedendo ospitalità ai parroci nelle loro canoniche. Le sue giornate cominciano assai presto. Alle sei è già in cappella per la recita dell’ufficio delle Letture. Alle sette si dirige nella cappella del Seminario per celebrare l’eucaristia e al ritorno si ferma nella sua stanza per accendere la radio, ascoltare il gazzettino di Sicili e conoscere così cosa accade nell’Isola. Alle otto scende in cucina dove consuma la colazione. Ad attenderlo il suo segretario e il buon Pino Rinaudo che ogni mattina prima di andare al lavoro va a trovare il vescovo per vedere di cosa ha bisogno. Ogni mattina a tavola è una festa. Lui, Catarinicchia, racconta brevemente quello che ha fatto il giorno prima. Narra le cose belle ma soprattutto aneddoti, fatti e storie che lo hanno fatto sorridere e stare in allegria. Alle 8,30 è seduto al tavolo della sua segreteria pronto a comporre numeri al telefono per ascoltare i suoi parroci e apprendere dalla loro viva voce quanto accade in Diocesi. In tempi nei quali non c’era internet e nemmeno whatsapp quella mezz’ora al telefono diventa per Catarinicchia un momento importantissimo per sapere, informarsi direttamente e soprattutto dare consigli e suggerimenti pastorali. Alle nove inizia la sua giornata. A quell’ora, infatti, molte volte è già seduto in auto pronto per fare visita ad una parrocchia. Quando non ha appuntamenti in giro per la diocesi si ferma a ricevere la gente che arriva da ogni parte per incontrarlo. Fino all’ora di pranzo è sempre un via vai di persone che suona al campanello dell’episcopio per un incontro con lui. Il sabato pomeriggio, le domeniche e i giorni di festa sono per il vescovo Emanuele momenti particolari. In questi giorni la sua agenda ha sempre appuntamenti importanti. Incontri nelle parrocchie con i giovani, i consigli pastorali, i lgruppo dei catechisti, le associazioni. Ma anche Cresime, celebrazioni e convegni. 

Alla guida dell’auto con la quale va in giro c’è il giovane Salvatore che si è portato con lui da Corleone. Suo fidato segretario particolare è un giovane prete, Salvatore Mormino, che con il suo vescovo sceglie di vivere in povertà e vicino alla gente. 

Durante il suo episcopato Catarinicchia imprime un forte cambiamento alla chiesa diocesana. Nel campo della Catechesi spinge tutte le parrocchie a dotarsi di un gruppo di catechisti per i quali chiede una formazione conciliare e teologica. Nel campo liturgico apre le parrocchie alla riforma conciliare e chiede ai suoi parroci di introdurre il canto e la musica nelle liturgie. In quasi tutte le parrocchia sorge il gruppo liturgico. Sul fronte della carità chiede attenzione ai poveri e a quanti sono in difficoltà. Lui stesso, in silenzio e senza clamore, aiuta tante persone non esitando a dare molte volte il proprio sostegno economico. A sera, quando torna in episcopio, il suo borsellino è sempre vuoto. Senza che nessuno se ne accorga, infatti, il vescovo riesce sempre a dare del denaro a quanti incontra nella difficoltà durante le sue visite. Con i suoi preti è dolce ma anche esigente. Li accoglie e consiglia ma non esita a chiederne fermezza e coraggio nel loro stare tra la gente. Tra i suoi più fidati consiglieri ci sono alcuni giovani laici che ascolta in episcopio e ai quali chiede consigli molte volte, a tarda sera, attraverso la cornetta del telefono. Tra i convegni più importanti che Catarinicchia organizza per la sua diocesi c’è quello che si tiene fra l’11 novembre del 1983 e il 22 gennaio 1984: a vent’anni dal concilio la chiesa cefaludese riflette sul suo cammino. Per l’occasione arrivano importanti relatori e si tengono delle particolari celebrazioni in Cattedrale. A conclusione il vescovo annuncia un sinodo per la Diocesi. In quello stesso periodo comunica la sua visita pastorale alla Diocesi. Dopo avere incontrato la sua gente sente il bisogno della visita pastorale nelle parrocchie. Ovunque sono giorni di grazia. Durante queste visite alle comunità si tengono incontri con i catechisti, le associazioni, i gruppi liturgici. Il vescovo visita gli ammalati della parrocchia e si ferma ad ascoltare gli anziani. Incontra gli studenti e gli imprenditori, i lavoratori e i disoccupati. Visita le civiche amministrazioni e spinge il mondo politico ad interessarsi del territorio. Il tempo di portare a conclusione la Visita pastorale e l’8 dicembre 1987 arriva la notizia del suo trasferimento alla Diocesi di Mazara del Vallo. Non c’è più tempo per il sinodo diocesano che avrebbe dovuto imprimere nuove prospettive ecclesiali alla diocesi.

In procinto di lasciare Cefalù il vescovo Catarinicchia pronuncia parole profetiche nei confronti della città nella quale ha vissuto. E’ il 31 dicembre 1987 e in cattedrale è il momento del “Te Deum”. Per la prima volta nella storia della cittadina normanna un Vescovo alza la voce per descrivere i problemi della comunità. «La classe dirigente di questa città – dice – è stata sempre più attenta al bene personale, particolare o di gruppo, che non all’interesse generale. Questa città ha una componente mafiosa non di stampo tradizionale ed una prepotenza oscura capace di manovrare e di riuscire a qualunque costo, che lascia molto pensierosi. E poi c’è la massoneria che era in sonno e che ora si è svegliata».

Catarinicchia descrive nei dettagli quanto accade a Cefalù. «Qualcosa di pauroso. C’è un tale imbroglio di potere da mandare in svendita Cefalù. La città sta per essere svenduta. Ci pensino i cittadini, perché sui poteri occulti, comunque essi si chiamino, si gioca sempre l’interesse della comunità. Non è mia competenza individuare come, dove, di che cosa si sono impadroniti o come sono riusciti a farlo. Non fatemi passare per coraggioso, quanto dico è sotto gli occhi di tutti ogni giorno. Solo chi non vuol vedere non vede». Per il giovane vescovo bisogna azzerare tutto e ci vuole un ricambio perché proprio questi poteri rischiano di schiacciare la città. Ci vuole un ricambio totale in tutte le istituzioni: dalla magistratura, al Comune, persino alle unità sanitarie locali.

Una settimana prima di lasciare Cefalù il vescovo Catarinicchia saluta la sua chiesa in Cattedrale. Per l’occasione legge il testamento che ha scritto qualche anno dopo essere arrivato a Cefalù, quando pensava di concludere proprio a Cefalù la sua vita terrena. Il suo è il testamento di un vescovo povero. Catarinicchia lascia Cefalù la mattina del 30 gennaio del 1988. Da allora di quelle sue parole pronunciate la sera del 31 dicembre in Cattedrale è rimasto l’eco di una verità: in tanti anni non è cambiato molto perché a Cefalù da molti anni si è finto di cambiare tutto per non cambiare proprio niente. Catarinicchia: il vescovo profeta che voleva cambiare Cefalù.

«100 cefaludesi» è la nuova rubrica di cefalunews che vuole far conoscere quanti hanno fatto la storia di Cefalù nell’ultimo secolo. Chi volesse contribuire inviando segnalazioni e biografie di personaggi degni di far parte di questa rubrica, che sarà data alla stampa, può inviare foto e articoli a: 100cefaludesi@cefalunews.net

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